domenica 5 maggio 2013

L'ultima goleador a Liquirizia

Erano le striature, quelle contavo, prima di lasciare la camera dei genitori di Francesca, prima che lei si svegliasse e potesse dirmi di restare un altro po', di bere qualcosa insieme.
A volte erano sei, altre sette, dipendeva dall'orario.
Era bello sfiorare la pelle e contarle le costole, ogni tanto lei storceva la bocca, allora mi fermavo perché pensavo che si stesse per svegliare, ad ogni suo arricciamento del naso corrispondeva un mio sussulto, e alla fine non si svegliava mai.

Io Francesca ci siamo conosciuti a scuola, lei era due banchi più avanti del mio mio, ciò che ci aveva accomunato era la passione per la Storia, sfogliavamo entrambi libri e libri riguardanti i più variegati argomenti, lei era appassionata della storia medievale e di pomeriggio studiavamo insieme, almeno avevamo deciso così quel mese di aprile.
Per quattro anni ci eravamo completamente ignorati, ci scambiavamo poche parole.
Solo un pomeriggio trovò il coraggio di invitarmi a casa, in quell'ascensore del suo condominio mi guardavo allo specchio, cercavo di avere un aspetto decente.
L'ascensore si fermò al quarto piano, lei abitava al quinto, feci una rampa di scale e la trovai lì che mi aspettava alla porta.
I suoi genitori erano sempre chiusi da qualche altra parte, il padre nello studio, sua madre nel salotto a provare qualche sonata al pianoforte.
Il ricordo di quei pomeriggi intervallati dalle note del pianoforte, dai monologhi di Francesca e dalle caramelle goleador a liquirizia, sono rimasti per anni e anni.

Non le lasciavo mai l'ultima, e lei puntualmente si arrabbiava afferrandomi il braccio, forse era un gesto per stabilire un contatto fisico.
Ogni tanto ci perdevamo in qualche sguardo, quel momento in cui due persone si guardano e l'uno cerca che l'altro faccia qualcosa.
Non pensavo che poi quella casa sarebbe diventato il luogo dei nostri incontri nei pomeriggi estivi.
I genitori partirono il 27 giugno, per un viaggio a Cuba.
Rimanemmo soli quel pomeriggio e facemmo l'amore su quel letto ampio e spazioso e così fu per molti altri giorni di quelle due settimane.
 Tremavamo a ogni minimo rumore e a ogni chiamata dell'ascensore, atterriti dall'incubo che si potesse fermare al piano di sotto e che poi dei passi pesanti salissero le poche scale e una chiave girasse nella toppa, atterriti da un ritorno improvviso.
Avevamo paura ogni volta, e quindi facevamo l'amore in silenzio, fermandoci in apnea ogni volta che l'ascensore si muoveva, guardandoci fissi negli occhi per capire quando il pericolo sarebbe cessato.
E ricominciavamo quando sentivamo qualche porta sbattere in qualche piano più basso.

A dirla tutta, Francesca non mi piaceva veramente, e non speravo che quel rapporto molto strano sfociasse in qualcosa di più importante.

In realtà a piacermi era Melania,la sua compagna di banco.
 Melania aveva la pelle scura e gli occhi  chiari, quando le ragazze a diciassette anni ti sembrano delle ventenni irraggiungibili, bene, Melania sembrava una trentenne.
Quando entrava in aula con le sue gonne lunghe, tutti rimanevano senza parole, e si guardavano stupiti chiedendosi cosa ci facesse quella donna in mezzo a dei ragazzini.
Interveniva quando qualcuno veniva trattato ingiustamente, oppure quando le sembrava che qualche prova scritta non fosse stata valutata giustamente, e i ragazzi in aula si meravigliavano che sapesse tutti i nostri nomi.
Ogni tanto la osservavo quando faceva educazione fisica, e ne elogiavo i lineamenti e il corpo armonioso insieme ai miei compagni.
Mi alzavo nella notte, inquieto e immaginavo che nel mio letto ci fosse lei, e che fosse disponibile per soddisfare il mio piacere
Ma Melania, rimaneva sempre una mia fantasia, mentre Francesca non mi piaceva molto.
Si aveva dei capelli lunghi e biondi, molto belli e soprattutto nei giorni in cui li lavava erano morbidi e vaporosi, inoltre Francesca non aveva un grande fascino, perché ormai conoscevo tutto di lei, e sapevo benissimo come si muoveva, sapevo i suoi pensieri e delle sue esperienze con i ragazzi universitari.

La guardavo mentre ripeteva la lezione o dopo i loro rapporti e pensavo che aveva delle brutte orecchie, allora pensavo a cosa si potesse fare per quelle orecchie, soprattutto quando alzava i capelli.
Poi quando si copriva le orecchie, continuava ad avere un viso bello, sempre per i ragazzi universitari però, perché per me era accettabile.
Speravo che non si alzasse mai i capelli, e ogni tanto faceva qualche domanda su Melania, dato che era la sua compagna di banco.
Anche Francesca della vita di Melania sapeva poco e niente, e aumentava ancora di più il fascino di quest'ultima.

Quei pomeriggi di studio continuarono anche a Settembre e Ottobre.
Come di consueto chiudevamo la porta a chiave, e ci baciavamo silenziosamente.
Ogni tanto lo sguardo si soffermava sui poster di De André  o sulle frasi di Prevert, ma sopratutto buona parte del tempo, osservavo la sua libreria e sentivo il buono odore che emanava.
Guardavo le cromature dei libri e il modo in cui erano disposti e ordinati, e mi piaceva molto aprirli e consultarli.
Francesca, scartava e scartava e ogni settimana mi sceglieva un libro da leggere, così lo feci anche io, e iniziò questa nuova fase del loro rapporto, basato sullo scambio di libri.
Ci divertivano a sottolineare a leggere e vedere man mano le pagine gonfiarsi sotto le dita.
All'inizio le pagine di sinistra sono antipatiche da sottolineare poi a meno a mano che si va avanti c'è un momento in cui le pagine di sinistra iniziano a diventare simpatiche e la preferenza passa a quest'ultime.
Era un pensiero che condividevamo
Ogni volta che sentivamo un titolo, con una trama interessante ce lo segnavamo:
Il mare colore del vino, L'isola di Arturo, Che tu sia per me il coltello, Il lupo della steppa, Le parole tra noi leggere.
Compravamo e leggevamo libri uno dopo l'altro, oltre alle soddisfazioni della carne, quelle intellettuali divennero addirittura quasi più interessanti.

Un giorno in classe mi accorsi che Melania era sparita e non riuscivo più a mettere a fuoco il suo viso, quindi mi masturbavo di meno.
Finalmente mi accorsi invece di amare Francesca, anche si trattava di un desiderio triangolare, magari prima desideravo Melania eppure ero riuscito a giungere a Francesca, la sua compagnia di banco e così mi ero accontentato di lei quando volevo tutt'altro, e adesso non mi ero neanche accorto che fosse sparita.

Alfredo, così facendo scivolava verso un amore che avrebbe riempito molti anni a venire, e non sapeva che tutto era stato costruito giorno per giorno, libro per libro, spuntino pomeridiano dopo spuntino, confidenza dopo confidenza.
Tornava a casa la sera e si infilava nel letto, apriva il libro ed iniziava a leggere e non capiva cosa stesse succedendo alla sua vita, ma sentiva che qualunque cosa fosse stato, non poteva fargli male, ed era molto bello e appagante.
Il senso della sua vita continuava a sfuggire, come erano sfuggite tutte le attenzioni di Francesca in quei pomeriggi e tutto l'amore che lei aveva raccolto e le gelosie che aveva cercato di far scaturire, raccontando di quei ragazzi universitari.

Si addormentava con il libro in mano fin quando non gli scivolava sulla pancia e il mattino seguente se lo ritrovava addosso senza sentirne il peso, proprio come la storia che stava vivendo.

E così quell'amore continuava a crescere, giorno per giorno.
Fin quando un pomeriggio, Arturo decise di lasciarle l'ultima goleador sulla scrivania.
Quello fu il momento in cui si giunse al punto di saturazione e di felicità completa.