sabato 28 gennaio 2017

Con gli occhi delle madri

A Maria

Avrai il nome di Mia madre, ma anche i suoi occhi;
gli stessi che vegliavano su di me  in quelle notti dove mi raccontava le favole, dove vengono compiuti come in un rituale quei gesti con la grazia delle cose che hanno senso: rimboccare le coperte e assicurarsi che siano ben sotto il materasso, i baci sulla fronte dati piano per non svegliarmi, ma l'amore si sa quando è immenso si percepisce subito e ti sveglia, la porta chiusa a metà per fare entrare un po' di di luce.

Quando leggerai le favole ai tuoi bambini, so che citerai le stesse che ti raccontavo io, e saranno felici nell’essere illuminati dalla bellezza e dignità della tua luce, spiragli di riparo dalle tempeste.
Il nome di mia Madre voglio darti, e farò poi madre te, per non pensare agli anni della vita, che da te mi hanno separato.

La parola sarà il nostro congedo, nelle telefonate delle tue pause pranzo o nelle sere quando fai il dolce e non ti ricordi quale ingrediente va per primo, quelle parole di conforto quando ti sentirai sola ma sai che sola non sarai finché ti risponderò su skype.

La parola mamma che posa due volte sulle labbra, è il sigillo del nostro amore, eterno.


A Diana

Già ti vedo cacciatrice, nel nome porti una divinità, e ti muovi tra i boschi e come gli alberi hanno le radici attacchi i piedi alla vita.
Mi farai stare in pensiero la sera, mentre aspetto un tuo messaggio, una tua risposta alla chiamata.
La mattina presto ti preparerò l’arco, sperando tu non faccia troppe vittime, mentre mangi bevi e dormi.
Mi vivrai ovunque, nella testa, nelle braccia nella pancia, penserò di non averti mai lasciato andare, e tu poi un giorno incontrerai un ragazzo ed amerai, ospiterai chi ti è solo capitato, anche se avrai a lungo cacciato.
Io sarò quel tuo rifugio dove tornerai, la domenica ogni tanto, per ricordarti la banale bellezza dei piccoli gesti di amore disinteressato e forse scoprirai che poi io non ero così male, ed il nostro congedo sarà un lungo abbraccio, ed il mio odore che per tutto il resto del giorno addosso porterai.

A Rosa

Che forse non sarai, ma diverrai perché ti ho tanto immaginato; ecco, già vedo i tuoi capelli, che somigliano a dei boccioli del fiore che porta il tuo stesso nome, io associo ogni colore dei tuoi petali ad ogni mio sentimento. 
Riderai sempre a chi attende da te una risposta e le cercherai sempre da me, ad ogni mio sguardo.
Ti dono il corpo che sembrerà uno stelo e tutte le mie spine, per proteggerti meglio, però so che tu saprai risolverti.
Ti lascerò poi andare, con una carezza, un gesto tra i più banali tra una madre e una figlia, perché si sa, basta a se stessa.

lunedì 16 gennaio 2017

Poesia per te che esci presto di casa la mattina

Ho voglia di vederti:

un sabato mattina di gennaio mentre esci dal portone coprendoti con la sciarpa di tua madre. 
Ho voglia di vederti sorridere e piena di stupore, mentre camminando ti si impiglia per caso una foglia morta caduta da un frassino centenario. Vorrei poi seguirti di nascosto per vedere come ti muovi tra i banchi del mercato:
sembri una ballerina di carillon, sei agile e attenta tra  le bigotterie, stoffe e alimentari, e tra il banco della frutta e dei tappeti mi piacerebbe  incontrarti distrattamente, sfiorarti.

Eccoti, ti affacci in quel banco per prendere una mela e i proprietari colpiscono col bastone i teli per far crollare l'acqua, a quel punto ti gireresti e vedrei i tuoi capelli  coperti  di cristalli di rugiada, mi sembreresti una madonna contemporanea e ti comprerei ogni cosa che mi fa venire in mentre te.

Andremmo in un bar, per farti asciugare, e ti offrirei un tè,un caffè, e poi un pasticcino,  che sogno sarebbe contemplarti,mentre mangi e sorridi, e ti sporchi la bocca di zucchero a velo, sei una ragazza imbranata e questo lo sai quanto mi piace. Con l’ultimo morso, a quel punto  mi piacerebbe baciarti, ma solo per indicarti con la bocca il punto esatto in cui pulirti.

Ti porterei in un posto che io solo conosco e ti guarderei fin quando il giorno non sia spento, il buio metterebbe a fuoco il cielo,  e come in un cinema, attenderemmo l’oscurità affinché nell’oscurità qualcosa si crei e accada e alla luce dell'abat jour , non mi stancherei mai di studiare le piccole orme sul tuo viso con le dita e le pupille, mentre ti son dentro, giocando  coi tuoi primi ansimi.

Basterebbe soltanto il silenzio per parlarci, tanto già le conosciamo io e te, le grammatiche elementari dell'amore.