sabato 18 giugno 2016

Metti una sera a cena a Milano

In un elegantissimo ristorante, discreto e soffuso, tutto ovattato, quella che agli architetti piace mettere nei locali di Milano, tanta ovatta ovattata, quei posti che entri e sono però un po' freddi, dove ti viene soltanto di guardarti attorno e hai paura di sfiorare ogni cosa, c'è un tavolo con otto persone che conosci poco, dove si riesce a conversare a malapena, perché ostacolati da enormi candelabri di cattivo gusto, e tutti guardano il cellulare ad un ritmo cadenzale.

Tra i commensali c'è una ragazza che è di Napoli, le mancano la pizza, i locali dove c'è casino, le persone che si toccano prima di parlarsi, si è vestita di scuro per dare meno nell'occhio di nero, e tutto ciò che pensa è che sta morendo di fame e vuole prendersi un primo anche se non fa figa Milanese e che è stanca e vorrebbe telefonare a sua mamma per sapere cosa ha cucinato, e invece sta lì ferma e attende che il cameriere venga a prendere l'ordine.

Nessuno a Milano ordina mai i primi, perché tutti vogliono dimagrire, tutti corrono o vanno in palestra, però lei si sta abbuffando di grissini, quelli sofisticati sottili, come spesso succede nei posti ovattati, ti portano i grissini e non il pane e vorresti ammazzarli per questo, d'altronde si ammazza per molto meno.

Dal fondo della sala ad un tratto si alza un uomo, un bell'uomo rettifico, sulla quarantina, giacca di ottimo taglio e camicia con cravatta lenta sul collo, tipica categoria di figo milanese insomma.
La parte femminile del tavolo si scambia uno sguardo complice, senza commentare perché non c'è la sufficiente confidenza, all'improvviso senza alcun motivo apparente, la traiettoria dell'uomo che mirava all'uscita, devia lateralmente, e si dirige verso il tavolo della ragazza napoletana....

Sta puntando me, è inevitabile, io voglio seppellirmi, non lo conosco e non so cosa vorrà dirmi, il quarantenne ben conservato.

Ora che è più vicino lo guardo meglio, sembra una specie protetta, quasi in via di estinzione, visto che i miei coetanei sono ormai consumati e danneggiati dall'amarezza sulla scelta di quale foto mettere su instagram.
il tizio in avvicinamento, inizia a sorridere io non ho tempo per scappare o sprofondare, quindi nervosamente prendo l'ennesimo grissino e mangio, perché non so che fare, metto il mio cervello sotto sforzo ed ogni emisfero è un tumulto di interrogarsi su questo tizio, e soprattutto si sta muovendo quello scomparto dedicato alla memoria dei parenti e conoscenti.
Dall'archivio non mi viene mostrato un identikit coerente a quel tizio che si sta avvicinando.

Tutto sto casino sta avvenendo in 10 secondi, lunghissimi, sembrava tanto vero?
I miei faldoni mentali sono ormai andati in grave disordine, le mie sinapsi sono ormai all'estremo quando lui si palesa davanti a me.
Si china, per dirmi una cosa (credo),  in quell'attimo il ristorante si ferma, e l'ambiente ovattato ormai diventa un set di un film e così schiarisce queste parole:
"Ciao, è bello vederti ancora, Grazie per quella volta,mi sembra di non averti mai ringraziato e volevo farlo adesso, Grazie."

Inutile cercare di spiegare ai miei commensali, quasi sconosciuti anche a me chi fosse quello ancora più sconosciuto e soprattutto per cosa mi stesse ringraziando.
Il suo tono era così confidenziale da far pensare ad una certa intimità e malizia, e quindi suscitò molta ilarità tra i commensali del tavolo, quel venerdì sera.
Quella volta, pronunciato così come se fosse stato un evento unico e memorabile, pronunciata con toni così vellutati...

Non ho fatto niente per dissuadere i commensali del tavolo che pensavano si trattasse di un allusione sessuale, anzi sarebbe onestamente piaciuto anche a me ricordare quel dettaglio ma io non ricordavo assolutamente niente.

Se ci penso non ricordo quasi nulla di questi 5 anni a Milano, forse rare tracce, ombre informi che si affollano, e ho rimosso vagonate di vissuto, e probabilmente rimuoverò anche questo evento che qualcuno mi ricorderà: "Ti ricordi quella volta del signore brizzolato che mi ha detto grazie, e non ti sei mai ricordata per cosa, e né hai avuto il tempo di rispondere almeno un prego?"

Ancora oggi ci penso, non poteva dirmi: "Ciao come stai?"
e chiacchierare normalmente, forse mi sarei ricordata subito, potevamo fare quei discorsi imbarazzanti in cui la persona insiste e cerca di farsi ricordare in qualche modo, e avrebbe chiesto ancora di guardarlo e affermare che non poteva essere che non mi ricordassi di lui.

Allora mi sarei arresa, e avrei detto mi spiace non mi ricordo di te e lui avrebbe confessato tutto.

A quel signore che mi ha ringraziato per quella volta, qualsiasi cosa io abbia fatto vorrei che non leggesse mai questo racconto e che mi lasciasse in questo mistero che mi tormenta, ogni volta che ci penso mi immagino il modo in cui ci siamo conosciuti:

 Nel vagone di un treno in un viaggio da Milano a Napoli; in una torrida notte d'amore o anche semitorrida va bene uguale; In una biblioteca esoterica al centro di Milano; In discoteca confusi dalla musica e dall'intrecciarsi dei corpi.

Io preferisco inventarle le cose e non ricordarle, perché forse a volte è meglio la fantasia che si accosta all'oblio piuttosto che il ricordo e soprattutto piuttosto che scoprire che ci siamo incontrati in un bar a Napoli, quando a lui gli era caduto il portafoglio a terra e io ero corsa per strada per riportarglielo.


lunedì 6 giugno 2016

Mi stanno antipatiche le persone che non ricordano mai i sogni

Le coppie sono belle, ultimamente ne vedo molte per strada o forse me ne accorgo di più ora che non faccio parte di una coppia.

 Sono belle sopratutto quelle fatte di persone annoiate che una guarda il telefono e l'altro il culo di una che passa, sono più che belle  quelle che attraversano la strada e uno guarda a destra e l'altro a sinistra, oppure le coppie formate da due persone brutte che si baciano all'angolo della strada dopo che hanno mangiato un kebab, può darsi che abbiano ancora fame e baciandosi, boh cercano qualche pezzettino sparso di cibo. Sono belle poi le coppie che ingrassano insieme e non se ne fottono di niente  perché tanto dicono lui mica ama la mia panza, lui ama la mia anima, alla
Modigliani.

Sono belle le coppie che appena sveglie fanno l'amore, e poi si riaddormentano e si svegliano ad ora di pranzo con una fame assurda.

Ma sono bellissime e spontanee anche quelle coppie in cui la ragazza nota che al suo fianco al suo risveglio si è formata una tenda da circo e allora scende e sveglia l'altra metà così, non sempre durante la settimana è fattibile ma il sabato o la domenica è quasi un imperativo.

Mi piacciono quelle coppie che si raccontano i sogni facendo colazione , il ragazzo non se li ricorda quasi mai e mentre inzuppa i biscotti, sbadiglia si tocca sotto perché anche lì c'è sempre bisogno del controllo che ci sia ancora, e in televisione c'è linea verde la tipa fissa la finestra cercando di ricordare il sogno, il ragazzo invece dice : "a volte non me li ricordo i sogni, me li dimentico al mattino ". Lei se lo ricorda bene ma Forse pensa che è meglio non dire niente. 

La scena finisce che ognuno si fa un po' i cazzi suoi al computer proprio,ma va bene così.

Quando mi sveglio l mattina ho come sveglia un suono indefinito che quando mi sveglio mi deve sembrare sempre altro, tipo un canto di un uccello, il suono di una sirena, il tono della tua voce.

Poi riprendo tutta la mia routine che facevo prima con te  ma adesso è senza di te  e cerco di ricordare cosa ho sognato a volte lo scrivo perché odio dimenticare i sogni, e odio ancora di più quelli che non li ricordano mai,  magari prima raccontandoteli li ricordavo meglio, ma non ero mai sincera del tutto; Mi piace romanzare lo sai.

Tutto questo discorso forse per dire che la vita da soli non è diversa da quella insieme ? No, la vita da soli è un po' triste o forse no, dipende da come sei.

Però ci pensi? A volte è bello immaginare che anche tu ti giri e non trovi nessuno, non fai colazione ed esci di casa e stai bene senza scrivermi buongiorno.

Come io ogni tanto la sera quando torno sono contenta di non scriverti buona notte.


Però stasera, buona notte veramente te lo dico perché me lo sento di dirtelo, quindi:  buone notti (perché è un buono che vale per più notti).

giovedì 2 giugno 2016

Ho il trauma del cambio stagione

Il cambio stagione è il mio trauma, perché ad ogni vestito collego un ricordo.

Perché ad ogni maglietta ricordo un incontro, una data, perché ho la memoria autistica per le date.
Perché ad ogni incontro associo una persona.
Perché a quasi ogni persona associo te.

Ce l'ho fatta per oggi sono arrivata fino ai vestiti estivi, e fino a lì era tutto ok, poi però ho continuato a pensare ai momenti in cui me li toglievi, sopratutto quelli che hanno la cerniera dietro.
E niente più è stato tutto ok.

Secondo me il cambio stagione ci ricorda che le persone assomigliano ai rettili, anche noi ogni tanto abbiamo bisogno di cambiare pelle, non è assolutamente una cosa brutta e schifosa come potrebbe sembrare, certo non lasciamo niente a terra di irriconoscibile, non strisciamo finché non ci si leva tutta l'epidermide che abbiamo, ma il serpente cambia pelle per necessità, come noi ogni tanto vogliamo cambiare vita, persone un po' per necessità è un fatto ciclico.

Come il serpente cambio pelle anche io, lascio a terra tutto quello che avevo, me ne vado via strisciando silenziosa, senza dirti una parola.