giovedì 4 agosto 2016

Passato

Primavera
Quei pomeriggi in cui dopo l'università ti fermavi da me, eri stanco e volevi bere litri  di tamarindo, te ne versavo poco a poco soltanto per vedere la faccia soddisfatta che facevi ad ogni sorso.

Dopo poco buttavi il tuo zaino sul divano e ti levavi la maglietta, poi facevi un cenno strano come per dire raccontami della tua giornata.

 L'abitudine dei gesti è davvero una cosa strana da spiegare, tutto viene in modo molto naturale senza che sia una sorpresa per l'altro, e prende forma giorno dopo giorno.
 Eppure tu non smettevi mai di sorprendermi, forse perché non sei mai stato un'abitudine.


Io volevo farti il caffè e succedeva questo: Passato un minuto e mezzo mi spostavi i capelli e mi baciavi il collo, sai di fiori, mi dicevi. 
Il caffè non lo bevevamo mai di pomeriggio.

 Era anche bello quando decidevamo di andare al parco in quelle giornate d'aprile in cui non fa ancora caldo, fare due passi imbarazzati, a guardarci attorno perché non sapevamo se darci la mano o meno, ma dirti di guardare a destra prima di attraversare e dartela all'incrocio, perché eri distratto.

"Mia mamma me la dava sempre, non riesco ad attraversare senza che nessuno mi dia la mano, non voglio perdere queste abitudini".
Ma tu la lasciavi subito appena arrivavi al marciapiede , come se nulla di ciò che avessi detto ti avesse minimamente toccato.


Estate 

Era  bello restare sdraiati uno accanto all'altro, sul letto, con il ventilatore che girava sul soffitto, e io tenevo sempre lo sguardo fisso, per cercare di addormentarmi, per non pensare che poi mi avresti detto che era tardi e dovevi andare, se mi addormentavo non me lo dicevi ma non ti trovavo più e potevo fare finta che fosse stato un sogno.
Tu prendevi il tuo telefono e senza che me lo chiedessi mi mettevi una cuffia nell'orecchio destro, che puntualmente cadeva sempre ed io dovevo risistemarla.
 Ascoltare la musica con te mi piaceva tantissimo,  perché ti inumidivi sempre le labbra e rimanevi concentrato quasi come se la stessi osservando quella musica, e scuotevi piano piano la testa, sembravi reale e volevo concentrarmi sui tuoi gesti per poterli poi pensare distrattamente durante le giornate a venire.
Ogni tanto ti emozionavi ma non volevi darlo a vedere così distoglievi lo sguardo dal nulla  e  iniziavamo a guardarci negli occhi e non fare nient'altro.

Giorno dopo giorno, compilation dopo compilation, imparai tutte le canzoni a memoria ed iniziai a cantartele, a quel punto vedevo che non ti concentravi più sulla musica ma sulla mia voce, e dal soffitto iniziasti invece a guardare me e ne fui felicissima perché ogni tuo gesto nei miei confronti mi rendeva felice.

Autunno

Era bello sfiorarti il braccio e farti venire la pelle d'oca, mi perdevo nei dettagli dei tuoi tatuaggi,  e vedevo la pelle incresparsi attraverso quei colori, la pelle d'oca li faceva risaltare tutti.
Il nero, il giallo, il rosso, l'azzurro il blu. Dal Caldo al Freddo, sembravamo io e te, tu freddo un blu ed io un rosso acceso acceso.
Mi sforzavo ogni volta di ricordare ogni dettaglio, ogni lineetta, ogni punto, ma non ci riuscì mai perché erano troppi, e ci vedevamo poco per poterli ricordare a memoria.
Cercavi di insegnarmi la musica, io volevo insegnarti ad accarezzarmi, sembrava che tu non lo avessi mai fatto, allora giorno dopo giorno provavo su di te e sulla tua pelle il modo di farti percepire come tu dovessi accarezzarmi, alla fine in autunno lo avevi imparato, facevi delle carezze più complete, più intense e avvolgenti delle mie, e anche questo mi rese felice.

La sera ogni tanto sentivamo le cose nella casa respirare tanto dal silenzio che c'era, il silenzio d'altronde fu parte integrante del nostro rapporto, non avevamo mai nulla da dirci se non con il corpo e con la musica, ma per questo il nostro rapporto divenne esclusivo, le parole non servivano.

Inverno

 Si faceva sempre tardi, il sole andava via alle quattro e anche tu come lui dovevi andare. Io inventavo scuse per farti rimanere, sentivo che le mie difese si stavano abbassando e che quello che provavo per te andava oltre i parametri che ogni ragazza ama assegnare per comodità.
Venne il freddo, e tu eri freddo sempre di più, le mie parole non riuscivano a scaldarti, perché tu non volevi sentire il mio tepore.
Il tuo blu prevaleva sempre sul mio rosso, e prima o poi avresti seguito la tua musica, l'arte, altre ragazze e le tue passioni quando la mia passione invece eri diventato tu.

Sentivo di essermi legata a te e che per te non era lo stesso, forse ti bastavano i legami che già avevi non te ne servivano altri, oppure non avevi semplicemente più voglia di restare, o forse mi avevi già detto tutto quello che volevi dirmi sia con la musica che con il corpo.

Solstizio

Non c'era nessuna terraferma tra noi, era come se non esistessimo perché nessuno di fatto ci aveva mai visto insieme, non c'erano musi sporchi di caffè e panna ad un bar da pulire, né corpi intrecciati alle panchine al parco di notte, né pop corn comprati al cinema e finiti prima che iniziasse il film durante la pubblicità, né abbracci fuori ai portoni o di lunghi addii davanti ai treni in partenze nelle stazioni.
Di questo nostro passato non abbiamo nulla da rimpiangere, non sapeva di niente questa storia se non di noi.

Non c'era nessun paradiso in quella stanza, soprattutto quando chiudevi la porta e con quella porta scompariva tutto di te,  e rimanevano i miei pensieri e tutto quello che avevo nella testa, nel mio quaderno, nella playlist del mio computer, nei miei racconti.

Equinozio


Eppure io e te insieme esistevamo nel modo più assoluto.

Allora ogni tanto, per rivivere  quei momenti, ascolto in loop il cielo in una stanza di Gino Paoli, per ricordarmi che per una stagione ci sei stato, sei passato, passerai ed è in ciò che sta la tua bellezza.