martedì 29 gennaio 2013

Il momento in cui devi prendere un respiro profondo prima di parlare perché sai che sei così vicino a piangere.

Gerlotti - Giannini

C'era una lettera, nella buca della posta.

Mi tremavano le mani, perché dallo spiraglio trasparente, riuscivo a vedere la sua grafia, "A Christian".

Sapevo già chi fosse il mittente, Silvia.

Il modo in cui ci siamo conosciuti è stato un modo un po' strano, mi ha cercato lei, perché lei era molto intraprendente, mi era venuta a pescare in un bar, avevamo qualche amico in comune ed io la conoscevo soltanto di nome, qualche volta Alessio l'aveva nominata alle partite di calcetto.

Dopo qualche scambio di sguardi avevo capito tutto, e lo aveva capito anche lei.

"Che ne pensi di venire il prossimo weekend alla casa al lago?
Porta anche la tua ragazza, se vuoi."
Questa fu l'unica frase che mi disse, dopo avermi guardato tutta la sera.

Ovviamente non la portai.

La prima volta che misi piede in quella casa, tutto mi sembrava perfetto, il clima, il tappeto zebrato anche se stonava con l'ambiente, l'abajure sul comodino, i riflessi dell'acqua che adornavano l'esterno di una casa di una luce nuova e pulita, tutto sembrava gestito da un'armonia incontaminata, che  però avrebbe presto contaminato noi.

L'emozione più grande, fu quando nel bel mezzo della festa, mi fece segno di seguirla per posare delle bottiglie che alcuni amici avevano portato.

Un bacio silenzioso, perché così sembrano i baci che si danno di nascosto, interrotto da un sorriso e da uno sguardo complice.
 Lì forse mi ero già innamorato di lei, perché sapevo di non avere mai provato una sensazione simile.

Mai avrei pensato che in quella bellissima casa, ci avrei passato molti e altri weekend, e d'estate sarebbe stato lo scenario delle nostre notti di passione, che quel tappeto sarebbe stato il nostro letto e che lei sarebbe stata la mia amante per tre anni.

La lettera la aprì e non volevo leggere, perché sapevo già cosa ci fosse scritto, perché per due giorni non rispondeva più ai messaggi in codice, ai post it che le lasciavo o ai messaggi che le mandavo alla sua segretaria.

15 Aprile 1988
"So bene che quello che stiamo facendo non ci porterà mai a nulla, non  ci spingiamo oltre al limite a cui siamo arrivati, non odiarmi perché ti sto lasciando con una lettera, non lo faccio perché sono una vigliacca,
lo faccio semplicemente perché so che se tu mi guardassi, io non riuscirei a dirti queste parole, so che alla fine prenderei un bel respiro, prima di scoppiare in lacrime, anche se è uno dei momenti che preferisco, sai che non piango mai, non mi farebbe male piangere ogni tanto.

Non lo faccio per te, lo faccio per me, perché non lo lasci? mi diresti, perché non scappiamo insieme?
Ma dove scapperemmo?
Erano così belli quei pomeriggi, quelle notti, quelle mattinate in cui ci svegliavamo e potevamo far finta di stare insieme, dirci delle cose che ai nostri fidanzati non dicevamo mai, poterci dire tutto quello che volevamo perché ci sentivamo liberi.
Chissà a quanti convegni avrai detto di aver partecipato, dopotutto sei un medico, e conferenze su conferenze hanno potuto darti respiro dalla città per andare a rotolarti tra le mie braccia, per farti preparare il caffè, per farti sentire mio, almeno tre volte ogni due settimane.

Ad Alessio invece dicevo che volevo stare sola, lui mi credeva, non so ancora come poteva farlo, eppure ha deciso di sposarmi, forse lo fa per paura che io possa scappare, e probabilmente non ha tutti i torti, sarei quasi tentata dal farlo.

Non odiarmi perché non scelgo te, sai come sono, ci saremmo stancati l'una dell'altro, me lo dicesti quel pomeriggio mentre mi spingevi ed io ero sull'altalena, il nostro rapporto è bello perché non siamo vittime dell'abitudine, non finiremo mai per odiarci perché noi non ci apparteniamo, mi dicevi, però io so già che arrivato a questo punto della lettera, non riuscirai più a distinguere le lettere, ti si offuscherà la vista e allora deciderai di smettere di legg..."

Non ho mai finito di leggere quella lettera, perché altrimenti si sarebbe bagnata subito, non volevo rovinare il suo ultimo cimelio.

Conservavo ogni tanto i suoi capelli, in un posto ben nascosto in bagno in modo che Lara non li vedesse, non potevano essere i suoi perché Silvia è bionda, Lara invece è castana.

Mi sono sempre chiesto che espressione avesse fatto se avesse visto quel cumulo di capelli nascosti nella mattonella del bagno,quella che ogni tanto traballa un po'.

Volevo che Lara scoprisse macchie del suo rossetto, invece lei è distratta, non scopriva niente, oppure aveva troppa fiducia in me.
Non ho mai capito perché non l'ho mai lasciata, e non ne avevo voglia di farlo stasera.

Sapevo che Silvia avrebbe cambiato idea, e allora chiamai Alessio e decisi di invitarli a cena, perché lei non avrebbe potuto opporsi, perché so che Alessio non rinuncia mai alle cene a casa mia, volevo rivederla e dovevo farlo.

Alessio non rispose per diversi giorni al telefono.

Non mi invitò al suo matrimonio, allora capii tutto.
Nonostante avesse scoperto tutto non mi aveva detto niente.
Forse anche Lara ci aveva scoperti, ma non decise mai di sposarmi, mi lasciò qualche anno dopo, con un post it, no lei non era una ragazza da lettera.

Il tempo passò e vedevo le sue foto, ormai quando rivedevo non riuscivo a pensare a lei come un qualcosa che aveva fatto parte del mio passato o della mia vita, quando vedevo quelle foto dove c'ero anche io, ben nascoste, mi sembrava una presenza estranea che era in un modo o nell'altro finita nella mia vita ordinaria.

Era se come i nostri momenti migliori fossero stati cancellati, perché nessuno sapeva di noi, e ora che non ci sentivamo più era come se la nostra relazione segreta non fosse mai esistita, come se fosse stato un lungo sogno, dal quale poi ci si sveglia e ci si rende conto che è stato solo frutto della nostra mente, proprio quella sensazione in cui ti svegli, e sei profondamente deluso che ciò che è successo lo hai visto, toccato, odorato, sentito tuo e poi alla fine non è vero e durante il corso della giornata lo si dimentica.
Qualcosa però non era andato come mi miei piani perché gli anni passarono e...

Io non dimenticai mai i suoi occhi né la linea sottile delle sue labbra, il suono della voce e ogni parte del suo corpo, i buchi di venere sul fondo schiena, la cicatrice minuscola che aveva all'angolo dell'occhio,  niente di niente, perché tutti quei momenti che avevamo trascorso non erano molti e ogni volta che l'avevo vista volevo imprimerla nella mia memoria, e volevo che non uscisse nessun dettaglio di quelle giornate.


Mi resi conto che 24 anni dopo, forse avevo cominciato a dimenticare il numero dei nei che aveva sul volto, o se effettivamente avesse una voglia sulla gamba destra o sinistra.

Non mi mancò mai, perché era un'eterna presenza nella mia memoria, e no non era un'abitudine ma neanche qualcosa che non volevo che lo fosse.

Pochi giorni fa, avevo deciso di iscrivermi su facebook.

Stasera ho trovato un suo messaggio:

Silvia Infante scrive:

"Solito posto, solita ora, sono un po' invecchiata, forse mi riconoscerai, forse no, il caffè lo so ancora fare, l'amore forse, poi vediamo, abbiamo ancora tanto tempo, almeno tutto quello che ci hanno tolto in questi anni.
Ti aspetto S."

....


Il momento in cui dovetti prendere un respiro profondo prima di piangere.





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